|
IL CANTO DI PENELOPE©
(di Margaret Atwood)
C’era una volta Ulisse, impavido re condottiero che prese parte alla guerra contro l’inespugnabile regno di Troia. Al suo fianco sempre la fedele e silenziosa Penelope, accompagnata dalle sue docili ancelle… Così Omero nella, tanto popolare quanto amata opera, “Odissea” inaugura il personaggio di Penelope. A riscattare la figura della moglie di Ulisse dall’immaginario di moglie sottomessa si adopera Margaret Atwood, penna vivace del panorama letterario. Nella sua riscrittura datata 2005, dal titolo “Il canto di Penelope”, riedita recentemente in Italia da Rizzoli, la scrittrice, conscia che spesso non esiste un’unica interpretazione della storia, si assume il compito di riportare alla luce la figura, relegata dall’iconografia, di Penelope e di renderla voce narrante insieme a quella delle sue ancelle. Il racconto, diviso in 29 capitoli, presenta la struttura tipica di una tragedia classica greca; la narrazione si sviluppa su due flussi narrativi, alternandosi tra la storia della sventurata compagna di Ulisse che si svolge in 18 capitoli e il coro di dodici donzelle. Gli strumenti attraverso i quali Penelope e le sue fedeli compagne si riappropriano di uno spazio di pubblica denuncia sono molteplici. È interessante sottolineare come l’autrice giochi su piani differenti: il coro utilizza uno stile diverso in ognuno dei suoi capitoli, spaziando tra filastrocca, lamento, canzone popolare, idillio, canto marinaresco. Ciò permette alle protagoniste femminili della sua opera di raccontarsi e di raccontare, rivelando meandri nascosti di una Storia prettamente fallocentrica. Un altro utile espediente per la moglie di Ulisse è la prima persona, mezzo grazie al quale riesce a rifiutare il ruolo della moglie ideale e a rivelarsi differentemente, dipingendosi talvolta fragile e piangente e a tratti forte e volitiva. Una sensibilità tutta al femminile si fa spazio, quindi, in un mondo popolato da eroi, unici protagonisti delle scene. La sua voce sembra quasi risuonare densa di emozioni nel ripercorrere le varie tappe della sua vita. Dall’ Ade, dove può finalmente dire la verità senza temere l’ira degli Dei, la sventurata compagna del re di Itaca narra la sua storia. Dalla nascita, dal tentativo del padre Icario di affogarla al rapporto difficile con la madre; attraverso l’adolescenza e le prime avvisaglie di quanto poco gli uomini potessero essere attratti dalla sua intelligenza e molto di più dalle arti seduttive della cugina Elena di Sparta, bella e spietata. Fino ad arrivare al matrimonio: come principessa era stata allevata nella consapevolezza che si sarebbe trattato di un contratto in cui lei sarebbe stata scambiata insieme a beni e favori, per stringere alleanze e disegnare, con i successori i futuri regni, però nel matrimonio con Ulisse la sua rassegnata accettazione si trasforma in amore e ammirazione. Ma la stima si tramuta in rassegnazione, poi in delusione e infine in odio durante l’incessante attesa di un ritorno del marito, che la condanna ad una vita solitaria e infelice. La scrittrice, nella sua originalità riscrive gli archetipi di passività e vittimizzazione femminile inserendo una strada inedita all’interpretazione del mito. Riscrivere Penelope e le sue ancelle è un modo per arrivare a loro “le innominate” della storia; rivalutate nel loro status di essere umano sono finalmente in grado di poter dare la propria versione dei fatti e di riscattarsi da un di silenzio che le soffoca.
©
Riproduzione riservata
su
AVE MARY. E LA CHIESA INVENTO' LA DONNA©
(di Michela Murgia)
A due anni da Accabadora, l’intreccio costruito sullo sfondo della Sardegna degli anni cinquanta tra eutanasia e adozione, vincitore nel 2009 del Premio Dessì e l’anno successivo del SuperMondello, il riconoscimento più importante del Premio Mondello e del Premio Campiello, Michela Murgia torna in libreria con una scrittura energica e visionaria, con il suo spirito critico e la sua esuberanza polemica. Protagonista assoluta di questo libro è la donna, l’immagine femminile e l’idea della sua sottomissione imposta dalla cultura corrente. Michela Murgia parte dalla propria esperienza umana e di donna per mettere in discussione il punto fondamentale su cui si regge questa cultura. Parabole del Vangelo e pubblicità televisive, icone sacre e icone fashion, encicliche e titoli di giornali femminili sono i passaggi chiave di uno scritto chiamato a dimostrare come la Chiesa, in Italia, sia ancora oggi decisiva nella costruzione dell’immagine della donna e di come la formazione cattolica latente continui a legittimare la gerarchia tra i sessi. Non ci sono distinzioni tra credenti e non credenti perché la mistificazione dei rapporti tra uomo e donna resta comunque e sempre la stessa. E l’autrice, con la consapevolezza di donna e la competenza della credente, riesce pienamente a dimostrarla nel suo “Ave Mary E la chiesa inventò la donna”.
©
Riproduzione riservata
su
TERESA©
(di Claudio Fava)
Teresa che fugge, Teresa che si rifugia, Teresa che ritorna. Teresa con la sua storia avvincente dà il titolo a questo romanzo di Claudio Fava. Teresa fugge dalla Sicilia. L’isola dalla storia millenaria e quella che le ha strappato il padre, ucciso dalla mafia per avere osato ribellarsi al pizzo. L’isola dalla natura incontaminata e quella che le ha riservato un lavoro da precaria che preclude ogni futuro. Teresa fugge dal sole della sua isola e da un corpo in cui non sa abbandonarsi e si rifugia nella capitale. A Roma grazie all’amica Gisella trova lavoro come assistente ai malati terminali. Questi uomini e queste donne feriti dalla vita e segnati da un destino ineluttabile sono capaci di slanci di vitalità che la donna sembrava ormai aver dimenticato. Qui Teresa trova nuova linfa e conosce anche un ragazzo, troppo perfetto perché sembri vero, ma l’ombra del passato ritorna incombente. Sono le ultime parole urlate dal padre contro il suo assassino che rimbombano nella sua mente e che, accompagnate dall’indignazione e dalla rabbia per un paese che stagna nel silenzio nell’immobilismo, alimentano nuovamente la sua sete di vendetta. Sono solo pensieri quelli di Teresa ma quando conosce il suo nuovo assistito Libero Ferrari, ex brigatista, uomo ruvido e scorbutico, condannato all’ergastolo per omicidio, quei pensieri gridano per diventare realtà. Teresa ruba allora una pistola per tornare in Sicilia e vendicare suo padre, segnando così il punto di non ritorno.
©
Riproduzione riservata
su
NESSUNO SI SALVA DA SOLO©
(di Margaret Mazzantini)
E’ un’autobiografia sentimentale quella che Margaret Mazzantini ci regala in questi giorni. E’ l’autobiografia di una generazione, la nostra generazione che, tra trasgressione e quotidianità, si rivela in “Nessuno si salva da solo”, il nuovo libro della scrittrice più in voga degli ultimi anni. A tre anni dal suo ultimo lavoro “Venuto al mondo”, vincitore del Premio Campiello 2009, Margaret Mazzantini torna in libreria con una storia di sentimenti tutta contemporanea. “Nessuno si salva da solo” è, infatti, la storia di Delia e Gaetano, un tempo una coppia, ora non più. Ma ora più che mai chiamati a imparare a esserlo. Il romanzo prende le mosse da una cena tra i due, ormai separati. Delia vive con i due figli Nico e Cosmo nella stessa casa che aveva visto la famiglia unita, testimone inconsapevole di un’amore che fu, Gaetano ora vive in un residence. Entrambi giovani si ritrovano con la stessa attrazione e la passione dell’inizio e la rabbia della fine del rapporto, entrambi alla ricerca della pace, ma attratti e tentati dall’altro e dall’ignoto. Ma dove hanno sbagliato Delia e Gaetano? Nessuno dei due riesce a darvi una risposta. L’intero romanzo ruota proprio intorno all’incapacità di capire quali siano stati gli errori che hanno messo fine all’intensità di questo rapporto. Il dramma senza tempo dell’amore e del disamore ritorna attraverso l’incapacità dei protagonisti di dar voce ai propri sentimenti, ma in grado, contemporaneamente, di toccare il nervo scoperto dei ricordi.
©
Riproduzione riservata
su
IL SIGNOR CEVDET E I SUOI FIGLI©
(di Orhan Pamuk)
Torna nelle librerie Orhan Pamuk, Premio Nobel per la Letteratura nel 2006 e “cosmopolita dalle forte radici” come lo ha definito il New York Times. “Il signor Cevdet e i suoi figli” il titolo del nuovo romanzo ancora una volta pubblicato da Einaudi, che ha in corso di stampa tutte le sue opere, e ancora una volta a fare da sfondo a questa suntuosa saga familiare c’è una delle città più affascinati del mondo, la sua fonte inesauribile d’ispirazione, raccontata con il lirismo del poeta e la sapienza dello storico. “Ho trascorso la mia vita ad Istanbul, sulla riva europea, nelle case che si affacciavano sull'altra riva, l'Asia. Stare vicino all'acqua, guardando la riva di fronte, l'altro continente, mi ricordava sempre il mio posto nel mondo, ed era un bene. E poi, un giorno, è stato costruito un ponte che collegava le due rive del Bosforo. Quando sono salito sul ponte e ho guardato il panorama, ho capito che era ancora meglio, ancora più bello di vedere le due rive assieme. Ho capito che il meglio era essere un ponte fra due rive. Rivolgersi alle due rive senza appartenere” aveva scritto l’autore nel 2003. E c’è sempre Istanbul ne
"Il signor Cevdet e i suoi figli" a divenire personaggio, organismo vivo con la sua storia da raccontare. Istanbul e la storia della Turchia, infatti, sono anche qui, dall’Impero ottomano alla Repubblica kemalista, attraverso la modernizzazione e la costante ricerca di un’identità, sempre a metà strada tra Oriente e Occidente a fungere da palcoscenico a Cevdet il bottegaio dell’antica Costantinopoli che in quanto musulmano e commerciante è disprezzato e biasimato da tutti. Ma a lui questo non importa, egli desidera soltanto sbarcare il lunario, mettere a punto i preparativi del suo matrimonio con la figlia del pascià e prendersi cura del fratello, un Giovane Turco convinto che se il Paese non fosse cambiato sarebbe sprofondato sotto il peso delle sue stesse ingiustizie. Al contrario Cevdet è un uomo timido e semplice, più interessato a “coltivare il suo orto” che a interessarsi di politica. Cevdet è un lavoratore instancabile e gli affari vanno a gonfie vele, tanto che decide di comprare una villa per la famiglia; sarà questo l’inizio della saga familiare che abbraccia tre generazioni e quasi un secolo di storia. Quella storia turca che finirà per travolgere lo stesso Cevdet con la sua dinastia, nel suo percorso di ascesa e discesa, in perfetta armonia con il flusso degli eventi della nazione. Una storia intima e familiare, dunque, tratteggiata attraverso un’atmosfera struggente, dall’autore di successi importanti quali Il castello bianco, La nuova vita, Il mio nome è rosso, Neve, La casa del silenzio, Istanbul, Il libro nero, La valigia di mio padre, Il Museo dell'innocenza e Altri colori.
©
Riproduzione riservata
su
METASTASI©
Sangue, soldi e politica tra Nord e Sud.
La nuova 'ndrangheta nella confessione di un pentito
(di Gianluigi Nuzzi con Claudio Antonelli)
L’autore di Vaticano spa, vero e proprio caso editoriale, torna con un nuovo libro, torna con una nuova storia da raccontare, anche questa una di quelle storie che scorrono sotterranee, clandestine, non dette. Gianluigi Nuzzi, in collaborazione con Claudio Antonelli, ci presenta
Metastasi, libro inchiesta che segue la testimonianza del collaboratore di giustizia Giuseppe Di Bella, pentito che ha aiutato, con i suoi racconti, a gettare luce sui rapporti collaborazionisti tra la ‘Ndrangheda e la sfera politica del Nord Italia. Edito ancora una volta da Chiarelettere,
Metastasi è un viaggio che dall’Aspromonte porta fino alla Pianura Padana, seguendo un percorso che è tutto racchiuso nel titolo scelto dall’autore. Si, perché le strade, le persone e i racconti che popolano questo viaggio sono come un cancro: si espandono, divorano, uccidono o lasciano marcire lentamente. Un viaggio, quello di cui ci parla il giornalista milanese, che dura da più di trent’anni e che ancora non sembra aver trovato una voce chiara che ci informi sulla sua esistenza e sul suo percorso. Un viaggio che passa attraverso non soltanto i traffici di droga, che dal sud spostano i loro centri nevralgici al nord, ma che porta dritti alle amministrazioni locali, attraverso mazzette, estorsioni, omicidi e collaborazioni con importanti esponenti politici per gestire principalmente le attività edilizie e tutto ciò che è sinonimo di guadagno e potere. Giuseppe Di Bella è uno dei pochissimi pentiti calabresi, una mosca bianca, perché nessuno viola il patto di sangue che si stipula con la cosca di appartenenza, con la tua nuova e unica famiglia. La pena non è il disonore, troppo poco per quella che è diventata senza dubbio l’organizzazione mafiosa più potente. La pena è la morte. Di Bella però racconta, racconta del boss e del futuro ministro, del traffico d’armi con le Brigate Rosse, dell’uranio, del patto con i cinesi, dell’industriale delle armi eletto in Parlamento come infiltrato. Verità e retroscena inimagginabili che portano con sé non soltanto l’orrore della loro verità, ma la speranza di nuove indagini, e nuove verità rimaste sepolte troppo a lungo. Scomode, come i libri che si impegnano a testimoniarle. Da leggere e regalare.
©
Riproduzione riservata
su
IN DIFESA DELLO STATO, AL SERVIZIO DEL PAESE©
(di Giuseppe Amari)
Il 2 Novembre è stato presentato, nella sede della Cgil a Roma, il libro”In difesa dello Stato”, curato da Giuseppe Amari, economista e sindalicasta, e edito da Ediesse, casa editrice del gruppo sindacale da anni rivolta ai cambiamenti politici e sociali. Il testo che inaugura la nuova collana “Gli Erasmiani”, ripercorre i passi e le voci di quelli che sono stati gli onesti protagonisti di alcuni degli anni più buii del nostro Bel Paese. Attraverso letture, appunti, scritti inediti e una accuratissima presentazione a cura di Massimo Riva, ritrovano il respiro di una dovuta memoria uomini come Giorgio Ambrosoli, Paolo Baffi, Silvio Novembre, Mario Sarcinelli e Tina Anselmi, tutti accaniti oppositori di quell’Italia dei malaffari, così simile alla sua diretta e odierna discendente. Il libro, attraverso le sue pagine, ricostruisce quello che, a partire dal 1979 e dalla morte di Ugo La Malfa, allora ministro del Tesoro, è stato il più oscuro intreccio politico-mafioso degli anni del dopoguerra, legato alle vicende affaristiche del crac della banca di Michele Sindona, del banco Ambrosiano di Roberto Calvi e dell’Italcasse dei fratelli Caltagirone. L’arresto a Palazzo Koch del vicedirettore generale Sarcinelli e del governatore Baffi, con accuse gravissime e infamanti quali interesse privato in atti di ufficio e favoreggiamento personale, era l’inizio di quella che è facile definire come una vera e immeritata persecuzione, atta a colpire e sbarazzarsi con ogni mezzo dei vertici della Banca d’Italia. Per scoprire i mandanti di tale congiura era necessario ripercorrere quel filo rosso che conduceva direttamente all’allora Governo, passando per logge massoniche come la P2 di Licio Gelli e le cosche mafiose, amareggiate delle proprie perdite economiche dovute alla bancarotta. Governo, Andreotti prima e Craxi dopo, sempre in combutta con i loschi giri di traffici di denaro di Sindona e Calvi.
©
Riproduzione riservata
su
TERRONI©
Tutto quello che
è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero meridionali
(di Pino Aprile)
Un libro che non dovrebbe mancare nelle librerie di casa, dicono in molti. Un libro che dovrebbe diventare un testo scolastico, dicono addirittura alcuni. Senza dubbio un vero e proprio bestseller, con le oltre cinquecentomila copie vendute. Insomma Pino Aprile con il suo Terroni, edito nella collana saggistica della Piemme, casa editrice del Gruppo Mondadori, e in libreria da qualche mese, ha davvero colto un argomento bollente e quanto mai attuale nell’anno in cui ricorrono i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un’unità che dopo un secolo e mezzo sembra ancora che affanni e stenti a modellare concretamente le sue forme. Certo, scrive un giornalista che sembrerebbe di parte essendo un pugliese doc, ma è anche certo che quella che per molti è stata una vittoria e una liberazione nazionale, per altri è stata una conquista violenta, un sopruso a mano armata, quasi un’occupazione forzata. Terroni racconta tutto questo senza troppi peli sulla lingua, portando un po’ di luce su quella fetta di storia italiana da sempre rimasta un po’ oscura. Racconta di distruzioni di interi paesi, deportazioni, alleanze tra mafie e padroni politici, del sangue versato e subito coperto. E si spinge oltre per mostrare come il dislivello che c’è tra Nord e Sud sia stato voluto e perseguito con ogni tipo di arma, soprattutto politica ed economica. Dislivello che di certo non esisteva al momento dell’Unità ma, anzi, vedeva il Regno delle Due Sicilie come una vera potenza industriale e una perla culturale nel mondo intero. Oggi invece è diventato quasi una piaga per il resto del Paese che si è mosso ed è stato mosso verso il progresso. Un libro sul Sud ma, soprattutto per il Sud, che mira a fare chiarezza o semplicemente a dare uno spunto di riflessione più che mai necessario.
©
Riproduzione riservata
su
L'ULTIMO QUADERNO©
(di Josè Saramago)
A tre mesi dalla sua scomparsa arriva in libreria l’ultima fatica di Saramago edita da Feltrinelli. Ateo, comunista, sostenitore dell’iberismo accusato persino di antisemitismo, José de Sousa Saramago fu scrittore, poeta e critico letterario, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1998, tanto scomodo per le autorità e le istituzioni perché sempre capace di innescare un vespaio di polemiche per le sue posizioni in ambito politico e sociale, quanto pregnante in letteratura per la capacità di evidenziare sempre il senso dell’umanità dietro ogni evento descritto e per l’esplorazione del tutto personale della scrittura. Lui, la voce contrastata nella terra di Salazar, oltre ad essere stato uno dei più grandi scrittori del nostro tempo è stato anche un attento osservatore della realtà, non a caso nel suo ultimo quaderno scrive: “Lo scrittore, se appartiene al suo tempo, se non è rimasto ancorato al passato, deve conoscere i problemi del tempo che gli tocca vivere. E quali sono questi problemi oggi? Che non ci troviamo in un mondo accettabile, anzi, al contrario viviamo in un mondo che sta andando di male in peggio e che umanamente non serve”. Il suo essere cittadino ha sempre viaggiato di pari passo con la propria condizione di scrittore: si era iscritto clandestinamente al partito comunista nel 1969, nel periodo in cui il Portogallo era sotto il regime dittatoriale di Salazar, fortemente anticlericale, era stato anche al centro di aspre polemiche soprattutto successivamente all’uscita de “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”, tanto da indurlo a trasferirsi alle Canarie. Convinto assertore della necessità di un costante dialogo e confronto con il suo pubblico, a quasi novanta anni, dando una risposta concreta ai tempi ormai mutati dall’era del digitale ha dato vita a un blog. E’ qui che le riflessioni si alternavano ai propositi per il nuovo millennio: da temi "globali" come la questione degli indios al panico da pandemia per la cosiddetta influenza "suina", dal Chiapas a Israele, dal razzismo nella Francia di Sarkozy alla tragedia dell’Aquila, dai centri commerciali quali nuove cattedrali del consumismo al laicismo come unica arma nei confronti delle ingerenze della chiesa cattolica nel nostro vivere quotidiano. Tutto ciò che lo indigna e gli suscita rispetto finisce su quelle pagine: sono l’arte, la poesia, i libri, i valori, i ricordi e le riflessioni strettamente personali che si rincorrono costantemente. Non può mancare poi Berlusconi, con cui c’erano già state delle polemiche perché lo aveva definito “un delinquente”. La questione Berlusconi viene affrontata come una vera deriva sociale e politica del nostro paese. Saramago esalta, infatti, le nostre grandezze passate, il genio italico, l’arte, la Storia per poi, riprendendo Cicerone, mettere il primo ministro italiano nei panni di Catilina, chiosando: “Fino a quando, o Berlusconi, abuserai della nostra pazienza?”.
Saramago, lo scrittore autodidatta e anticonformista che non si era mai lasciato sedurre dal fascino della notorietà, ma che aveva conservato la sua cruda franchezza a dispetto dei tempi e delle circostanze, oggi ritorna con il suo ultimo quaderno scritto prima di morire, dando ancora una volta prova della sua abilità e della sua maestria, nonché testimonianza del vuoto incolmabile lasciato nell’ambito del panorama culturale europeo.
©
Riproduzione riservata
su
IL LIBRO DEI SEGRETI©
(di Salwa Al-Neimi)
Salwa Al-Neimi, dopo il successo di “La prova del miele”, torna in libreria con un nuovo libro: “Il libro dei segreti” edito ancora una volta da Feltrinelli. La giornalista siriana che attraverso il suo precedente romanzo aveva già ribaltato il luogo comune tra sesso e Islam, mostrando come nella tradizione araba il piacere sessuale all’interno della coppia, tra marito e moglie, non sia un peccato ma una grazia di Dio, una sorta di preludio ai piaceri del Paradiso, oggi ritorna con otto racconti che si propongono di demolire la facciata di falsità e di buonismo che copre una società corrotta e ipocrita. Ventre è il racconto di una maternità illecita che la società non ha la forza di perdonare, Angeli è la storia di un marito che non si avvicina alla moglie dopo il Ramadan per non perdere la purezza ma, contemporaneamente, si lascia affascinare dalle avance dello Shaikh. Con coraggio e desiderio di libertà e di riscatto l’autrice mette così sul banco degli imputati i formalismi e la presunta rispettabilità del matrimonio. Ma il racconto più emblematico è Siesta, la storia dell’incontro tra un uomo e una donna che si conoscono in occasione di un convegno sul ruolo della donna nei paesi arabi. La protagonista di questo racconto decide di lasciarsi andare alla propria sessualità consapevolmente, senza inibizioni e soprattutto senza rimorsi. Ironica e penetrante è tanto la descrizione dell’approccio tra i due quanto quella del simposio in cui gli esperti del caso disquisiscono sull’impossibilità per la donna araba di avere un ruolo di responsabilità nella vita del paese. Otto racconti brevi, intensi e appassionati che ancora una volta testimoniano la tagliente ironia dell’autrice.
©
Riproduzione riservata
su
MEMORIE A PERDERE©
Racconti di ordinarie allucinazioni
(di Luigi Milani)
Un libro antologico quello di Luigi Milani. Tredici racconti, tredici proiettori puntati verso altrettanti personaggi che offrono uno spaccato suggestivo e crudo del mondo d’oggi. Un mondo che sta perdendo la dimensione dell’umano; un mondo frenetico che lasciando sempre meno spazio ai veri sentimenti ed ai veri bisogni dell’uomo produce uomini come quelli tratteggiati nei racconti di Luigi Milani, dove i personaggi, pur così diversi, sono tutti vittime di uno stesso male: il male di vivere. E li scopri incerti, soli e confusi, in una parola estremamente fragili i personaggi di Milani, anche se nascondono la loro fragilità in modi diversi, un po’ come tutti noi. Ed è con mano decisa e piglio esperto che lo scrittore tratteggia i suoi personaggi. Leggendo i tredici racconti sembra di assistere alla creazione di un plastico, di una scultura che si sviluppa con sobria armonia ai nostri occhi man mano che si prosegue nella lettura. Da principio sono i personaggi a prendere forma, e Milani li delinea con la maestria di un consumato artista. Ne descrive l’aspetto, le forme, scava dentro di loro a rivelarne le loro inquietudini, i loro pensieri fino a dargli una plasticità ed una vita tale da sembrare reali, come il contesto e le storie in cui sono implicati, storie di ordinarie allucinazioni. Ma è una scrittura fluente e leggera quella di Milani, che non stanca mai, che anzi coinvolge ed intriga per la capacità dello scrittore di toccare anche le corde più profonde con il tocco lieve di una farfalla.
Luigi Milani è nato a Roma, dove vive e lavora. Giornalista freelance e traduttore dall'inglese, scrive di musica e tecnologia da oltre un decennio. Ha pubblicato racconti e poesie per vari editori, oltre a vincere nel 2008 un concorso poetico. Collabora con PeaceReporter, PeaceLink, Osservatorio sui Balcani, Thriller Magazine, Onda Rock, Jazzitalia e la e-zine letteraria Progetto Babele. È tra i fondatori dell'Associazione Culturale XII. Per saperne di più
http://luigimilani.com.
©
Riproduzione riservata
Santolo Meo
su
E RIMASERO IMPUNITI©
Dal delitto Calvi
ai nodi irrisolti di due Repubbliche
(di Antonella
Beccaria)
Intervista con la
scrittrice
di Santolo Meo
Una giornalista
eclettica, impegnata con passione e grande professionalità su più fronti,
dal giornalismo di inchiesta all’approfondimento della cronaca giudiziaria,
dalla direzione artistica di rassegne teatrali su casi di cronaca realmente
accaduti rimasti inspiegabili fino alle docenze su tematiche che riguardano
il giornalismo elettronico e la comunicazione in rete passando per la
traduzione di testi stranieri e la collaborazione come editor all’edizione
italiana dei volumi a fumetti del grande fumettista serbo Aleksandar Zograf.
Ma Antonella Beccaria è anche una scrittrice con la passione per l’analisi e
l’approfondimento dei nodi irrisolti di eclatanti inchieste giudiziarie. Ed
infatti per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, per la quale cura la collana
"Senza finzione", ha scritto "Uno bianca e trame nere" (2007), "Bambini di
Satana" (2006), "Pentiti di niente" (2008), "Attentato imminente" (2009), "NoSCOpyright
- Storie di malaffare nella società dell’informazione" (2004), "Permesso
d'autore" (2005). Per Socialmente Editore ha pubblicato "Il programma di
Licio Gelli" (2009), "Schegge contro la democrazia" (2010), "E rimasero
impuniti" (2010, 124 pagine, prezzo: € 12,00, ed. Socialmente Editore
collana Polifonia/Attore). Una scrittura densa ma piacevole quella della
Beccaria, che crea un’atmosfera di curiosità e di mistero, senza mai perdere
la serenità e la trasparenza. Tutti temi di grande interesse ma tra le varie
proposte “E rimasero impuniti”, appare, per le attuali vicende giudiziarie
legate alla P3 e a Flavio Carboni, a suo tempo già implicato nel caso Calvi,
un libro da non perdere. Un libro inchiesta che traccia un quadro
inquietante del contesto entro il quale si è consumato l’omicidio di Roberto
Calvi “il finanziere di Dio”. La morte del banchiere è collegata dalla
Beccaria, tramite un unico filo conduttore a tutta una serie di delitti
avvenuti prima e dopo la morte di Calvi. Delitti misteriosi e rimasti senza
un mandante ultimo, che la Beccaria, con grande abilità giornalistica riesce
ad inquadrare, grazie ad una ricostruzione critica ed attenta dei fatti
accaduti, in un unico disegno criminoso, che vede coinvolti a vario titolo
istituzioni della Chiesa, uomini della loggia P2 e mafiosi di primo piano.
Una inchiesta che si legge tutta d’un fiato e che tiene il lettore incollato
alla trama fino alla fine. E leggendo questa interessante ed inedita
ricostruzione si fa luce su diversi aspetti del crack del banco Ambrosiano
non ancora sufficientemente investigati sia a livello giudiziario che
giornalistico. Un disegno criminoso ampio, che si estende fino ai giorni
nostri e sul quale chiediamo qualche chiarimento in una intervista alla
scrittrice. Un altro libro su Calvi o qualcosa di più? Cosa intende far
emergere col suo libro? «Non si tratta di un altro libro sul caso
Calvi. Io ho cercato di decifrare un disegno criminoso entro il quale si può
collocare non solo il delitto Calvi ma anche tutta una serie di altre morti
avvenute prima e dopo la fine di Calvi. Ho cercato di far emergere uno
schema criminale che continua da anni a cancellare le prove collegate al
crack del banco Ambrosiano; dal delitto Calvi ai nodi irrisolti di due
Repubbliche». Che parallelo si può tracciare tra il disegno criminale
che si individua nel suo libro e quello che le recenti intercettazioni sul
caso della loggia P3 sembrano delineare? «Sicuramente si
riscontra la convergenza di personaggi già presenti nel delitto Calvi e mai
usciti completamente dalle tenaglie della giustizia. Un ricorrere di nomi e
di fatti che sembrano ricordarci che quel passato non se n’è ancora andato.
La logica politico-affaristica-mafiosa se venisse confermata dalle indagini
è la stessa anche se meno raffinata, e i personaggi coinvolti sembrano agire
con più arroganza e spavalderia rispetto a quelli di un tempo». I
sostituti procuratori di Perugia titolari dell’inchiesta sui rapporti tra la
“cricca sui grandi eventi” e Propaganda Fide hanno ipotizzato il ricorso
allo IOR da parte di alcuni indagati per operazioni illecite “estero su
estero”. Che differenze vede tra l’atteggiamento che il Vaticano ebbe
durante la vicenda Calvi e la presente vicenda. «Il Vaticano
attualmente ha un atteggiamento più discreto e prudente ma resta nei due
casi sostanzialmente lo stesso e dopo tanti anni lo IOR è una banca che
ancora non aderisce pienamente alle norme bancarie internazionali».
Un saggio quindi da leggere, anche per la ricca bibliografia, utile per chi
volesse continuare l’approfondimento per ricostruire completamente quella
tela criminale che manca invece accanto al ragno che campeggia sulla
copertina. Una nuova tappa del viaggio che la giornalista Antonella Beccaria
sta conducendo tra i misteri italiani; un libro che potrete scarica anche
on-line all’indirizzo
http://antonella.beccaria.org/bibliografia/.
©
Riproduzione riservata
su
IL BAMBINO NELLA VALIGIA©
(di Lene Kaaberbøl e
Agnete Friis)
“Un
thriller che mozza il fiato, splendidamente scritto, forte di un’impeccabile
senso della narrazione e del dettaglio. Non si potrà fare a meno di accompagnare
Nina Borg nelle sue future avventure”. Così la giuria danese della Danis Crime
Academy ha motivato la vittoria di questo libro come miglior thriller dell’anno.
Lene Kaaberbøl e Agnete Friis dalla letteratura per bambini approdano al giallo
e rappresentano oggi una delle più piacevoli novità della letteratura scandinava.
Non è un caso che siano state anche finaliste al Glass Key Award, il più
prestigioso premio scandinavo di crime stories, vinto nelle passate edizioni da
autori come Stieg Larsson, Pieter Hoeg, Anders Roslund e Börge Hellström. “Il
bambino con la valigia”, romanzo d’esordio delle due autrici, scritto nel 2008 è
giunto solo lo scorso luglio nelle nostre librerie. Pubblicato da Fazi Editore è
il primo volume di una prevista trilogia su Nina Borg, l’infermiera protagonista
della serie, è un thriller da leggere tutto d’un fiato che, con minuzia di
particolari, ci dà una nuova immagine della Danimarca sicuramente lontana dagli
stereotipi dell’ordine e dello stato sociale. Nina Borg è una infermiera della
Croce Rossa: lavora con i rifugiati, è abituata a situazioni di emergenza e a
chiamate improvvise. Trascorre gran parte del tempo in un mondo che i danesi
stessi vedono di rado, dove ricatto e maltrattamenti sono la quotidianità, dove
i bambini spariscono ogni giorno, senza che nessuno si ponga domande. Ma Nina
non è capace di chiudere gli occhi, di separare le sue responsabilità personali
da quelle di chi la circonda. E' una madre svagata, capace di dimenticare di
andare a prendere i figli a scuola; una moglie assente, persa nelle sue
improbabili missioni umanitarie. Una donna che non ha mai saputo leggere la
differenza tra il trascorrere di un'ora o di un minuto, che annaspa, confonde,
cade. Poi, un giorno, accade qualcosa. Una sua amica e collega le chiede di
andare a ritirare una valigia da un deposito bagagli. All'interno, rannicchiato,
c'è un bambino di tre anni. Il piccolo, miracolosamente, è ancora vivo, ma Nina
sa che la sua sopravvivenza non potrà essere delegata ad altri, che la polizia e
le autorità si limiterebbero a scaricare la "pratica" ad un istituto. Smarriti
entrambi tra le maglie di un enigma che li sovrasta, isolati, braccati, il
bambino e la donna lotteranno per la salvezza. Ma la loro vita è appesa ad un
filo, a una combinazione del caso cui nessuno crede: e che, forse, non si
realizzerà. Un thriller da leggere che potrà accompagnare le nostre giornate
sotto l’ombrellone.
©
Riproduzione riservata
su
INTRIGO INTERNAZIONALE©
(di Giovanni
Fasanella e Rosario Priore)
Intrigo
internazionale di Giovanni Fasanella e Rosario Priore è il libro –
intervista pubblicato per Chiarelettere.
Un testo rivelatore e a tratti inquietante che prende le mosse da due
fondamentali interrogativi: perché l’Italia dal 1969 è stata funestata dal
terrorismo e dalla violenza politica con centinaia di morti e migliaia di feriti?
Perché solo nel nostro paese? Giovanni Fasanella è un giornalista e un
documentarista che si più volte cimentato nel racconto della storia invisibile
italiana, Rosario Priore è stato magistrato per circa un trentennio e si è
occupato di violenza e terrorismo in ambito tanto nazionale quanto
internazionale. Dall’eversione nera e rossa ad Autonomia operaia, dal caso Moro
a Ustica, dagli attentati palestinesi al tentato omicidio di Giovanni Paolo II,
casi che hanno segnato la storia giudiziaria italiana e che sono approdati in
pile di fascicoli sulle sue scrivanie. Le pagine di questo libro provano a
rispondere a una serie di interrogativi concatenati tentando di dare una nuova
interpretazione, un inedito punto di vista sotteso a un’analisi che muta lo
scenario di riferimento. “Ci sono verità che non ho mai potuto dire. Perché pur
intuendole e a volte intravedendole o addirittura vedendole chiaramente, non
potevano essere provate sul piano giudiziario” così Rosario Priore definisce
quelle verità indicibili, spesso intuite ma mai palesate, con cui si è scontrato
in oltre un trentennio di carriera. A essere rivelato è lo scenario
internazionale inedito che darebbe spiegazione del clima di violenza e di
terrore degli anni ‘70 in Italia. La giustizia aveva individuato i responsabili
materiali di quelle stragi ma non i reali colpevoli, e questo libro ci rivela
come quello che inchieste giornalistiche e giudiziarie avevano ritenuto un
intrigo nazionale si è poi rivelato un intrigo internazionale. All’asse
sovietico – statunitense bisogna aggiungere quello franco – inglese, il terzo
giocatore della scacchiera internazionale che avrebbe mal digerito il tentativo
di egemonia italiana nel Mediterraneo con la propria presenza in Libia e il
controllo delle risorse energetiche. In questo senso si collocherebbero il
favore degli inglesi rispetto a un colpo di stato in Italia, nel 1976, per
fermare il Pci e controllare il paese o la posizione della Germania dell’est e
della Cecoslovacchia che avrebbero giocato un ruolo cruciale nella
destabilizzazione e nella nascita di un certo tipo di terrorismo. Insomma un
libro che si annuncia come la ricostruzione di un puzzle che varca i confini
nazionali e ci suggerisce come il vero destino dell’Italia, troppo spesso,
varchi i confini dello Stato per essere scritto altrove.
©
Riproduzione riservata
su
MALEDETTA FABBRICA©
Il lavoro che
uccide
(di Daniele
Biacchessi, Alfredo Colitto, Patrick Fogli, Jean-Pierre Levaray, Valerio Varesi)
In
Italia in molti settori ha più probabilità di morire un operaio sul lavoro che
un militare in Afghanistan. Il Lavoro quindi da attività volta a realizzare le
proprie aspettative diventa una attività pericolosa, dove ci si gioca ogni
giorno la vita senza clamori, senza eroismi e dove spesso si vive un disagio
opprimente: “…c’era la crisi, la disoccupazione e bisognava essere soddisfatti
d’avere l’impiego garantito, per poter continuare a consumare a scapito di
vivere”. Molti lettori si riconosceranno in questo profondo malessere di
Jean-Pierre Levaray, coautore per Stampa Alternativa di “Maledetta fabbrica” (pagine
144, euro 14) insieme a Daniele Biacchessi, Alfredo Colitto, Patrick Fogli e
Valerio Varesi. Maledetta fabbrica, un libro denuncia sul tema del dispregio per
la vita umana che “ in un cantiere, alla guida di un tir o in una fabbrica” è
“il bene meno tutelato”. Un libro che affronta le morti bianche con linguaggio
crudo e provocatorio, per informare su una problematica scottante e ignorata,
come nello stile della casa editrice Stampa Alternativa e della collana che
ospita il libro:“senza finzione”. Con uno stile tra la cronaca e il racconto nel
libro vengono forniti cinque contributi che toccano profondamente: l’amaro
vissuto autobiografico di Levaray, dipendente di una fabbrica chimica del gruppo
Total in Francia che ha iniziato a scrivere per reazione a un grave incidente
sul lavoro, il resoconto raggelante di Daniele Biacchessi, la storia di Giulio
di Alfredo Colitto, quella di Amina di Patrick Fogli e Africa di Valerio Varesi
sono drammi coinvolgenti, consumati nell’indifferenza generale, perché come
scrive Biacchesi riferendosi agli operai “Numeri siamo, cifre sui giornali
dimenticate in pochi giorni, una due, tre volte uccisi dal Silenzio”. Una
raccolta antologica che lascia il segno nel lettore. Le morti sul lavoro non
sono mai morti “bianche”, nel senso dell’assenza di una mano direttamente
responsabile dell’incidente. Dietro ogni morte “bianca” c’è sempre la spietata e
predeterminata scelta di un datore di lavoro di sacrificare la vita di un essere
umano rispetto a interessi economici. Ogni operaio morto, come scrive Biacchesi,
è “un Cristo crocifisso per due soldi ed il libro, che insieme rappresenta una
testimonianza e una forte denuncia è ricco di momenti davvero coinvolgenti.
©
Riproduzione riservata
Santolo Meo
su
SEDIE VUOTE©
Gli anni di
piombo: dalla parte delle vittime
(di Alberto
Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna)
“Gli anni di piombo dalla parte delle vittime” questo il tema dell’incontro tenutosi lo scorso 26 maggio presso il Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia a Brescia, in occasione del trentacinquesimo anniversario della strage di Piazza Loggia. Un momento di riflessione e un’occasione per la presentazione del nuovo libro della casa editrice “Il Margine”:
Sedie vuote Gli anni di piombo: dalla parte delle vittime (€ 17,00). Frutto di un accurato percorso attraverso la complessità e il dolore che hanno profondamente segnato gli anni Settanta del nostro Novecento il libro è, contemporaneamente, il risultato del riaccendersi del dibattito sugli anni di piombo, complice la pubblicazione del libro di Mario Calabresi
Spingendo la notte più in là Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo. La storia commovente dell’omicidio Calabresi ma, soprattutto, la storia di chi è rimasto dopo la morte di un commissario che era anche un padre e un marito.
Una trentina di giovani di licei e università, tutte le domeniche, per un intero anno si sono incontrati con i familiari delle vittime, di coloro che, a causa del perpetrarsi di un clima di violenza si sono trovati costretti a convivere nella loro casa con la presenza di una sedia vuota. Di qui il titolo del libro. Il loro è stato un percorso importante, nato da un metodo di lavoro rigoroso che ha imposto ai ragazzi un grande impegno di lettura e approfondimento su quegli anni in cui la situazione sociale, politica e istituzionale caotica si tradusse in violenza di piazza prima e in lotta armata successivamente. Il lavoro approfondito di questi giovani si palesa attraverso la densità dei dialoghi e la pregnanza delle questioni in essi proposte. I dialoghi proposti sono, infatti, forti e sinceri, sono la chiave per risollevare e reinterpretare le questioni più delicate della storia recente della nostra democrazia, ma anche dimensioni fondamentali per la memoria collettiva, quali quelle del dolore, della verità, della giustizia, del perdono, del silenzio e delle parole, della violenza, della responsabilità, della solitudine, della solidarietà umana, delle condizioni per la costruzione di una cittadinanza attiva. Nell'ordine possiamo leggere i dialoghi con:
Mario Calabresi, Benedetta Tobagi, Silvia Giralucci, Manlio Milani, Giovanni Ricci, Alfredo Bazoli, Agnese Moro, Giovanni Bachelet, Vittorio Bosio, Sabina Rossa. Le testimonianze di coloro che sono stati vittima dello stragismo, ricordiamo le stragi di Bologna e di Brescia, si alternano a quelle dei familiari delle vittime del terrorismo e si completano con il dialogo con
Giancarlo Caselli. Obiettivo di quest’ultima conversazione è il tentativo di approfondire il ruolo della magistratura durante gli anni di piombo. Tutto questo e molto altro ancora rappresenta
Sedie vuote Gli anni di piombo: dalla parte delle vittime: uno stimolo alla ricostruzione della storia recente e un input alla riflessione per i giovani che l’hanno scritto e per noi che ci lasciamo affascinare dalla lettura.
©
Riproduzione riservata
su
AD
PERSONAM©
1994-2010. Così destra e sinistra hanno privatizzato la democrazia
(di Marco Travaglio)
"Ad personam. 1994-2010. Così destra e sinistra hanno privatizzato la democrazia", è ormai in libreria il nuovo libro di Marco Travaglio per Chiarelettere (€ 14,36)
Il libro riporta con la consueta ironia e con lo stile inconfondibile e travolgente di Travaglio sedici anni di leggi prèt-à-porter (1994-2010) ad personam e "ad aziendam", "ad mafiam" e "ad castam" per pochi potenti illustri. Il giornalista con ricchezza e dovizia di particolari traccia il quadro di questo tipo di leggi, dai decreti Conso e Biondi passando per Tangentopoli, le leggi sul falso in bilancio, le rogatorie, le intercettazioni, fino ai condoni fiscali ed edilizi, con l'indulto del centrosinistra, con i lodi Schifani e Alfano e gli illegittimi impedimenti. Tutte leggi per le quali il comune cittadino rinuncia a comprendere l’utilità sociale ma i cui scopi sono ben chiariti da Travaglio seguendo delle ricostruzioni, spesso supportate da fatti e da un lavoro di ricostruzione giornalistica altamente professionale. Non mancano però alcune vicende per le quali, mancando il supporto delle prove documentali, ci si è lasciati un po’ andare a teorie tutte da dimostrare.
©
Riproduzione riservata
su
MOZART - D'ARCANGELO
Ildebrando D'Arcangelo
(Orchestra del Teatro Regio di Torino - Gianandrea Noseda)
Etichetta:
Deutsche Grammophon
Anno uscita: 2011
“Mozart è il mio dio, è il compositore che ha infuso in me la passione per la musica e ha ispirato la mia carriera”. Così Ildebrando D’Arcangelo definiva la genialità di pianista e compositore di Wolfgang Amadeus Mozart dopo la sua performance a Parma nelle vesti di Leporello nel 1994. Interpretazione che consentì alla voce vellutata e affascinate del basso – baritono italiano di aggiungere il “Don Giovanni” al suo repertorio. La sua voce era ormai pronta per rendere giustizia all’opera del maestro austriaco. Oggi, sotto la direzione di Gianandrea Noseda e l’accompagnamento dell’orchestra del Teatro Regio di Torino, Ildebrando D’Arcangelo ritorna a Mozart con l’etichetta della Deutsche Grammophon. Dal “Don Giovanni” ascoltiamo Leporello elencare le sue conquiste sessuali e incontrare lo stesso libidinoso Giovanni. Dalle “Nozze di Figaro” troviamo Figaro pianificare per eludere gli stratagemmi del suo padrone e poi scagliarsi contro l’infedeltà delle donne. Il Conte giura poi di vendicarsi dei suoi domestici arroganti. Da “Così fan tutte” l’ingenuo Guglielmo decide di mettere alla prova la fedeltà della sua amante. Ancora una volta il basso – baritono italiano da così prova delle sue qualità vocali.
su
MOSTLY MOZART
(Mojca Erdmann / La
Cetra Barockorchester Basel - Andrea Marcon)
Etichetta:
Deutsche Grammophon
Anno uscita: 2011
Mojca Erdmann, “il soprano del futuro” come l’ha definita la stampa tedesca, è al suo debutto con la Deutsche Grammophon. Sembra l’icona di un lontano passato Mojca, eppure è acclamata come la futura promessa internazionale che ha già ispirato compositori contemporanei quali Aribert Reimann e Wolfgang Rihm. Quest’ultimo, pensando a lei, avrebbe persino scritto il suo Dioniso, mentre la performance della giovane soprano al Salzburg Festival nel 2010 le valse un significativo successo personale. Per il suo debutto Mojca ha scelto Mozart e i suoi contemporanei, perché Mozart, ha dichiarato il soprano, l’ha accompagnata per tutta la vita, sebbene suo padre sia stato un compositore di musica contemporanea. La sua voce sembra essere nata per interpretare il genio di Mozart, perché alla bellezza si accompagna una certa flessibilità. Mojca incanta l’ascoltatore perché è la prima a emozionarsi interpretando il compositore austriaco. La famosa aria “Pamina” è il cuore dell’album che il soprano interpreta volutamente in adagio. Alle straordinarie arie di Mozart si affiancano due arie tratte da “Les Danaïdes” di Antonio Salieri, componimenti molto brevi ma veri capolavori. Il risultato è un album che va oltre il repertorio standard e include esempi importanti del primo Classicismo: Johann Christian Bach, il figlio più giovane di Johann Sebastian che influenzò lo stile di Mozart e che scrisse sinfonie e opere oggi cadute nell’oblio ritorna con l’intensità drammatica e lo charme melodico di Giovanni Paisiello. Ma la più grande sorpresa resta la voce di Mojca Erdmann nella sua sapiente combinazione di tecnica, bellezza ed espressività che dimostrano quanto attuale sia tutt’oggi “cantare” Mozart.
su
STABAT MATER - A TRIBUTE TO PERGOLESI
(Anna Netrebko, Marianna Pizzolato - Orchestra dell'Accademia Nazionale
di Santa Cecilia · Pappano)
Etichetta:
Deutsche Grammophon
Anno uscita: 2011
Arriva dalla Deutsche Grammophon un tributo a Pergolesi tutto al femminile. Sono le voci di Anna Netrebko e di Marianna Pizzolato a celebrare lo Stabat Mater del compositore, organista e violinista italiano di cui lo scorso anno abbiamo celebrato i trecento anni dalla nascita. La “dark voice” dell’affascinante soprano russa torna nuovamente a incantare. “Audrey Hepburn with a voice”, così i critici hanno ribattezzato la Netrebko con precisione, purezza e classe ancora una volta dà prova del suo carisma, questa volta combinato però con la voce calda e seducente del mezzo soprano italiano Marianna Pizzolato. Sotto la direzione di Antonio Pappano, direttore d’orchestra e pianista inglese naturalizzato statunitense, è l’Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ad accompagnare questa performance sorgente inesauribile di pathos e di emozione. L’ardore italiano e il fervore russo combinati insieme ci regalano con lo Stabat Mater una matura prova di sé.
su
HIGDON & TCHAIKOVSKY VIOLIN CONCERTOS
(Hilary Hahn - Royal Liverpool Philharmonic Orchestra)
Etichetta:
Deutsche Grammophon
Anno uscita: 2010
Sarà disponibile dal 25 gennaio il Concerto per Violino “Jennifer Higdon e Pyotr Il'yich Tchaikovsky” diretto da Vasily Petrenko ed eseguito dalla Royal Liverpool Philharmonic Orchestra con Hilary Hahn ancora una volta protagonista per l’etichetta Deutsche Grammophon. Nominata recentemente artista dell’anno dal Grammophone Magazine, la giovane violinista statunitense, ha vinto due Grammy Award grazie alle sue iperboliche interpretazioni, alla tecnica brillante e alla sua carismatica presenza scenica, si è esibita con le principali orchestre del mondo ed è apparsa sulle più importanti riviste musicali internazionali. Oggi, attraverso il Concerto per Violino di Jennifer Higdon (1726, Chaconni e Fly Forward) e quello in D op. 35 (Allegro moderato, Canzonetta andante e Allegro vivacissimo) composto da Pyotr Il'yich Tchaikovsky, Hilary Hahn da ulteriore prova di sé con una brillante performance che combina chiarezza, sensibilità ed energia. Un concerto evocativo ed emozionante attraverso cui la violinista aggiunge un altro tassello importante al suo già ricco e variegato repertorio.
su
CHRISTMAS IN JAZZ
(Gianni Gandi & Orjana)
Etichetta:
Mediterraneus Production
Anno uscita: 2010
Natale è ormai alle porte e un buon disco è sempre un ottimo regalo da far trovare sotto l’albero di amici e familiari. Molte le scelte possibili che ci offrono gli scaffali delle novità con l’avvicinarsi delle feste, ma molte anche le occasioni per riscoprire le classiche canzoni natalizie sotto una luce diversa. Questo, quello che ci propone Gianni Gandi, compositore, arrangiatore e pianista, con il suo Christmas in Jazz. Prodotto dalla Mediterraneus Production e in vendita on-line in ben trenta Paesi, il disco raccoglie alcuni classici della tradizione natalizia riarrangiati in chiave jazz da Gandi e affidati alla straordinaria voce di Orjana, cantante jazz molto apprezzata e conosciuta per la sua incredibile estensione vocale. Belle le musiche confezionate da Gianni Gandi che anche con un lavoro potremmo dire leggero come questo, lascia intravedere tutti i suoi anni di esperienza come compositore per televisione, radio e cinema. Bella la voce di Orjana in grado di rendere raffinate e nuove canzoni conosciute da tutti. La tracklist, infatti, si apre con Oh Happy Days, per poi continuare con brani più che familiari come Jingle Bell Lounge Jazz, White Christmas Jazz o ancora I’ll home for Christmas, Silver Bossa. Un buon acquisto per chi desidera rifuggire dalle novità commerciali e scoprire come anche la tradizione può avere una veste diversa senza tradire se stessa. Da ascoltare e regalare.
su
NELSON
(Paolo Conte)
Etichetta:
Platinum/Universal
Anno uscita: 2010
A due anni di distanza da Psiche, l’avvocato della musica italiana ritorna con un disco che celebra ancora una volta quel suo enigmatico, poetico e bellissimo mondo musicale. Torna come sempre ci siamo abituati a conoscerlo e farlo nostro: silenzioso, riservato, un po’ timido, come a volersi nascondere dietro i grandi baffi, accompagnato però da quella sua sottile e inaspettata ironia che gli fa dedicare l’album al suo cane. Ed eccolo lì, Nelson appunto, nero pastore francese, in copertina, cane dall’orecchio musicale proprio come il suo padrone. Registrato, come Psiche, per la indie Platinum, distribuita dalla Universal Music, è un disco della miglior tradizione, che rimanda agli stati di grazia delle sue musiche più belle. Forse è addirittura il più riuscito degli ultimi lavori o semplicemente riesce ad essere, come sempre, più riuscito delle nostre aspettative. D’altronde bisogna ammetterlo, è difficile che Paolo Conte commetta un passo falso. Nelson è un disco, come molti dei suoi, da riascoltare più volte per riuscire a vedere davvero fin dove si spinge la sofisticatezza della sua arte. Un po’ come quei film d’autore, piccoli gioielli di regia, in cui ogni volta si scopre un dettaglio che era sfuggito all’occhio. Una luce, un’ombra, uno sguardo, un leggero battito di ciglia. Così con la musica del maestro astigiano: le note spesso diventano squarci, suggestioni, veri e propri universi di suono e di immagini evocate. Melodie astratte potremmo dire, come quei quadri che lui stesso dipinge. I testi poi sono come sempre la sua personalissima opera di enigmistica, pieni di citazioni, personaggi pittoreschi e racconti nonsense. È un disco che è un viaggio. Viaggio tra epoche, scenari, volti, oggetti e addirittura lingue diverse. Perché le parole come sempre diventano pennellate, strumenti, vestiti su misura per non far andare le note in giro troppo nude. 15 canzoni, 15 tappe, 15 quadri. «Mi rendo conto che si possa avvertire un certo distacco dalla realtà», spiega Conte in un’intervista, «io la vivo come uomo e cittadino, ma facendo le canzoni ho voglia di volare libero. Tante volte penso che sia meglio non parlare di realtà, per non sollecitare brutte abitudini. Diciamo che sì. Può essere un bell' antidoto, del resto non ho mai creduto alle pretese di cambiare il mondo con le canzoni. Ma possono aiutare a farti ridere, immalinconire, possono farti morbida compagnia». Insomma un disco che è insieme viaggio e compagno. Buon ascolto.
su
TCHAIKOVSKY’S FIRST PIANO CONCERTO
Münchner Philharmoniker - Thomas Hengelbrock
(Alice Sara Ott)
Etichetta: Deutsche Grammophon
Anno uscita: 2010
La precisione e la passione di Alice Sara Ott danno nuovamente prova di sé e questa volta grazie a nomi del calibro di Franz Liszt e Pëtr Il'ič Čajkovskij. Dal primo ottobre in commercio per la Deutsche Grammophon la letteratura per pianoforte è nuovamente esaltata da uno dei maggiori talenti degli ultimi anni. Alice Sara Ott, la pianista tedesco – giapponese, nata nel 1988, riesce nuovamente a catturare il suo pubblico grazie a una peculiare ricchezza timbrica, testimonianza di una musicalità matura, emozionale e passionale, e al suo inequivocabile carisma. Ora si cimenta con due dei suoi autori favoriti cui è legata gran parte della sua formazione artistica. Aveva 14 anni quando per la prima volta si cimentò in Liszt, 17 quando suonò Čajkovski. Il concerto di Čajkovski l’ha eseguito ben cinquanta volte negli ultimi quattro anni. Le reminescenze della musica tradizionale ucraina ritornano attraverso la malinconia dei passaggi lirici tipica del compositore russo, ma i tre movimenti (Allegro non troppo e molto maestoso - Allegro con spirito, Andantino semplice - Prestissimo - Tempo I e Allegro con fuoco) riflettono, come suggerisce la stessa interprete, la complessità dell’autore, la polidricità e le contraddizioni di un uomo e della sua vita, nonché della sua condizione di omosessuale. E’ Čajkovski e la sua personalità dalle mille sfaccettature: candido, ironico, felice, ottimista ma anche compositore melodico drammatico. Con Liszt, invece, virtuosismo e la profondità camminano di pari passo. Nel Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in mi bemolle maggiore, S.124, scritto da Liszt in ben 26 anni parte dall’allegretto con il suo buffo umorismo e il coraggio di strutturare il movimento attorno al triangolo e archi pizzicati, che appare come una sorta di danza macabra e approda al lirismo puro del concerto con la massima espressione del pianoforte.
Alice Sara Ott, la giovane promessa del panorama musicale internazionale, si è già esibita sui grandi palcoscenici europei e asiatici, compresa la Concertgebouw di Amsterdam e la Suntori Hall di Tokyo. Ha suonato con l’Orchestra Sinfonica di Sapporo, con l’Orchestra Filarmonica Ucraina, con l’Orchestra Filarmonica di Zurigo sotto la direzione di David Zinman e con la Düsseldorfer Symphoniker sotto la direzione di Norichika Iimori. In tournée si è esibita anche con l’Orchestra Sinfonica di San Pietroburgo e con Alexander Dimitriev.
su
HABANERA
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI diretta da Karel Mark Chichon
(Elīna Garanča)
Etichetta: Deutsche Grammophon
Anno uscita: 2010
L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai incide per la Deutsche Grammophon “Habanera”. Un omaggio al repertorio gitano registrato presso l’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino che ha come protagonista la biondissima ed elegante mezzo soprano lituano Elīna Garanča diretta, per l’occasione, dal marito Karel Mark Chichon. Affiancata da Andrea Carè (Don Josè) la trentatreenne di Riga, una delle voci più acclamate e affascinanti del panorama lirico internazionale, si cimenta con maestria nel mito della zingara fatale. Dalla Carmen di Bizet, compresa la versione originale dell’Hebanera, a Bernstein, Lehàr e Ravel. I “Gipsy songs” sono, appunto, tratti da opere come la Carmen di George Bizet, da operette come Candide di Leonard Bernstein (“I am easily assimilated” – Old Lady’s Tango) o “L’amore zingaro” di Franz Lehár, ma anche da zarzuelas spagnole come “El Barquillero” di Ruperto Chapí y Lorente, “La alegría del batallón” di José Serrano o “El barberillo de Lavapiés” di Francisco Asenjo Barbieri. Non mancano poi romanze e canzoni di compositori come Maurice Ravel, Manuel de Falla e Xavier Montsalvatge. Con l’Orchestra della Rai, diretta da Karel Mark Chichon, ed Elīna Garanča, sono impegnati anche il Coro Filarmonico del Teatro Regio di Torino, diretto da Claudio Fenoglio, il percussionista Roberto Vozmediano e il chitarrista José María Gallardo del Rey, autore della “Cancíon del Amor”, per voce e orchestra da camera, compresa nel cd. Notevole anche il cameo di Roberto Alagna nella Seguidilla dalla Carmen di Bizet. Elīna, il più richiesto mezzosoprano del momento (è già impegnata fino al 2015), ha dato già prova delle sue capacità anche grazie ai duetti con l’altro soprano venuto dal freddo, la bruna e affascinante Anna Netrebko, ma oggi con questo nuovo cd ci da un’idea del suo temperamento tutt’altro che algido.
su
ROSSO
Italian baroque
arias
(di Patricia
Petibon)
Cantanti: Petibon Patricia (Soprano)
Orchestra: Orchestra Barocca Di Venezia
Direttore d’Orchestra: Marcon Andrea
Genere: Recital
Etichetta: Deutsche Grammophon
Data uscita: 20/04/2010
Dopo il successo ottenuto con “Amoureuses” (CD 477 7468) premiato con il prestigioso BBC Music Magazine Award 2009 come “Best Opera Album”), Patricia Petibon affronta il suo primo recital di arie barocche italiane con il prezioso supporto della Venice Baroque Orchestra diretta da da Andrea Marcon. Definita da International Record Review come “interprete di rara abilità”, l’esecuzione della cantante francese appare straordinaria per duttilità vocale e caratterizzazione dei vari ruoli. Oltre a celebri arie come “Lascia ch’io pianga”, la Petibon ci consente di riscoprire brani di rara bellezza come “Quando voglio” di Sartorio e “Morte amara” di Porpora.
su
SUMMER NIGHT CONCERT 2010
Wiener Philharmoniker
(Franz Welser-Möst, Yefim Bronfman)
Etichetta: Deutsche Grammophon
Non potevano che essere i giardini barocchi del Palazzo di Schönbrunn a Vienna a
fungere da scenario ideale per il Summer Night Concert di quest’anno, che ha
visto, ancora una volta protagonista, la Filarmonica di Vienna. 100.000 gli
spettatori che lo scorso 8 giugno hanno assistito gratuitamente al concerto
all’aperto e oltre 400.000 gli austriaci sintonizzati su ORF-TV, insieme agli
appassionati tedeschi, greci ed europei, per assistere in diretta a quest’evento
di rilevanza mondiale. Nei giorni successivi altri trenta paesi hanno trasmesso
il concerto diretto dal maestro Franz Welser-Möst che dirigerà la Filarmonica
durante il Concerto di Capodanno 2011. La registrazione del suggestivo evento
musicale tenutosi di fronte alla Fontana di Nettuno della residenza asburgica è
stata riproposta in Cd e Dvd dalla Deutsche Grammophon. “La luna, i pianeti, le
stelle”, questo il filo conduttore di un concerto eseguito da un’orchestra unica
al mondo e in una città che è sinonimo di musica e che ha visto tradurre proprio
in musica contemporaneamente tradizione e innovazione. Oltre ai tradizionali
valzer come il Sphärenklänge (Music of the Spheres) di Josef Strauss o
l’Abendsterne (Evening Stars) di Joseph Lanner, o quelli di Franz Liszt, Otto
Nicolai e Gustav Holst abbiamo ascoltato, infatti, direttamente da Hollywood tre
brani di John Williams, tratti da “Guerre stellari”, ovvero la colonna sonora
principale, i temi della principessa Leia e della marcia imperiale.
su
WAGNER - Wesendonck-Lieder/Preludi e Ouvertures
(Brueggergosman/Welser-Most)
Etichetta: 2010 Deutsche Grammophon
Registrati dal vivo presso la
Cleveland Severance Hall per la Deutsche Grammophon i brani di questo cd
richiamano tutti al genio di Richard Wagner, compositore, librettista, direttore
d’orchestra e saggista tedesco. A lui si ispira il connubio tra Franz Welser-Most,
colui che circa venti anni fa aveva esordito, non proprio brillantemente, con la
Filarmonica di Londra, e il soprano canadese Measha Brueggergosman. Measha
Brueggergosman nasce nel 1977 a Fredericton, nel New Brunswick, 6opr6no Measha
Brueggergosman è la figlia di un dipendente della Canadian Broadcasting Company
ed è cresciuta ascoltando musica classica alla radio CBC. Quando le sue doti
furono riconosciute dai genitori questi ultimi decisero di iscriverla a lezioni
di canto e pianoforte. All'età di quindici anni incomincia la sua carriera di
cantante e successivamente studia presso l'Università di Toronto con il soprano
Maria Morrison e dopo la laurea continua la sua formazione musicale. In seguito
ha lavorato anche con musicisti illustri come Margaret Baker-Genovesi, Christoph
Eschenbach, Brigitte Fassbaender, Margo Garrett, Håkan Hagegård, Jessye Norman,
Rudolf Piernay, Thomas Quasthoff e Jean-Yves Thibaudet. Ms. Brueggergosman
pubblicherà il suo recital proprio, Notte e sogni, per la Deutsche Grammophon.
E’ proprio con la Grammophon che il maestro Franz Welser-Most continua la sua
collaborazione già iniziata con la registrazione della “Beethoven's Ninth
Symphony” e che sembra avere in serbo nuove produzioni. In questo caso la
perfetta orchestra di Cleveland spazia attraverso un ampio ventaglio di proposte
tratte dalla musica orchestrale wagneriana: dall’Overture di Rienzi, opera prima
del maestro scritta all’età di ventinove anni, all’onnipresente “Cavalcata delle
Valchirie”, la seconda delle quattro opere che con “L’oro del Reno”, “Sigfrido”,
e “Il crepuscolo degli dei”, costituiscono la tetralogia “L’anello del Nibelungo”,
sino al dramma musicale “Tristano e Isolde”. Al centro dell’opera c’è
l’interpretazione del soprano che riesce pienamente a dare voce al desiderio mai
realizzato di Wagner per la giovane Matilde, moglie di uno dei benefattori
dell’artista.
su
|